Saga

Parlò il grigio padre:
“Le ruvide rune          cantano di rabbia
ᛈ ᚦ ᚾ  ᛁ

Al segno del sole        la sala silente
si serba al signore      della bionda[1] gente

che domanda in dono             il domo guerriero.”
L’occhio del vecchio             specchio del pensiero

posò sulle prodi          premuta di padre
“Tessete tessete[2]        la lancia di madre

ai caduchi corni          visita farete
con scudo e con lancia           e luce farete

nel lume di luna         alla sala silente”
così l’ase chiamò       la sua ordalia.

Presto presero briglie             dorate le prodi
Sguardi di serpente[3]               verso rocce custodi

Hrist a fianco Mist                 e Sveggǫld con Skǫgul
Hildr accanto Þrúðr               e Göll con Geirskögul

E prima fra le pari                  al passo del vento
Reginleif parata                     in anelli[4] d’argento

Sulla riva roca            del grande torrente
Tre sorelle del cigno[5]             tessevano attente

Un arazzo rado                       il bianco ed il rosso
Il rosso fra il bianco               il bianco nel rosso

La figlia di Frigg                    fiera nel saluto
“Gioia a voi! Gǫndul grande fra le pari

vanno le valchirie       nel nome del viandante[6]

verso il grande fiordo             che è di Mani amante”

E Gǫndul parlò
“Il filo rivela              il fato alla Sapienza
e il runico arazzo        dipinge di assenza”

E Reginleif chiese
“Tu sai cosa aspetta   per sale silenti?
Il padre delle saghe[7]   manda doni coi venti”

E Gǫndul disse:

“Al passo del prode               le valchirie vanno
verso il pozzo di Mani           dove tutti cadranno

anche le bionde lance             senza la pazienza
del cigno e del corvo              triste una potenza

Traditrice attende                   sotto il tetto amico
un dolore vuole                      un volere antico

attente all’abito                      scarlatto di Mani
egli vi protegge                      dal tocco delle mani

del Signore che soffre            dal signore che vuole
il volto che il fertile[8]              tolse al suo sole

Reginleif tuonò
“Figlia della terra                   sia la tua tela
scura traditrice?                     Ciò che hai visto svela!”

E Gǫndul con calma
“Il fuso ci mostra                   il corso del fiume
né fonte né mare                    del fato del fiume.”

Un peso nel petto                   fu il nuovo compagno
delle probe ancelle                 alle nove del sogno

Ed ancora presero                  le briglie le sorelle
sopra i campi bruni                di antiche battaglie

Il braccio di roccia                 era culla di morti
all’ultima valle                       di salici insorti

Þrúðr levò il suo corno          e chiamò la torma
le schiere d’argento                mutarono l’orma

Hildr prese il corno
“Figlia della guerra    perché fermi il suono
delle unghie sul cielo?           è atteso il nostro dono!”

Ma Þrúðr le sorrise
“Un amico attende     per le terre brulle
per domare la angustia           per voi mie sorelle.”[9]

Lì, il picchio di Hymir[10]        assiso a uno sperone
guardava la radura                 nutrita di tenzone

Þrúðr lo salutò
“Amico del Padre                  dalla piuma bruna
l’ultima tessitura                     ha portato fortuna?

E disse il corvo
“Per le vene dei re                  seguo il figlio di Harald
ma non rende sazi                  come il padre Halfdan.”

Þrúðr lo interrogò
“Tu che voli su fole               sul mare e su terra
ti nutri di memoria                 eredità di guerra

Qual è se vi è il segreto          delle sale silenti
del regno lunare                     dai bivacchi spenti

“Nove estati orsono               un mondo di padre
fu colta in favore                    mani divine ladre

E verbi violenti                      pretesero quel mondo
Ora nelle sue saghe                nulla è più fecondo.”

E il corvo spiccò                    le piume al massacro
preferì alla parola                   il suo simulacro

E Reginleif rise
“Il becco di un corvo             è bocca del passato
Þrúðr prode fra pari               Sòl si è addormentato.”

La terza volta presero            le briglie sorelle
sotto il velo dei nani              scosso dalle stelle

Sulle cime silvestri                sotto il soffio d’argento
Skǫgul fermò il destriero       al gorgo di un lamento

fra i tronchi batteva                una vena aperta
oltre pelle carne                     di schiena scoperta

Fra le ombre di muschio        nel vischio incatenato
un servo dei Vani[11]                era abbandonato

Skǫgul vide la carne              cruda sotto il cielo
le braccia strette al petto        come il fiore lo stelo

le ossa e le percosse               mosse a compassione
il cuore di Skǫgul                   che dalla libagione

colse l’onda del corno[12]          e versò un sorso
d’oro al labbro arso                per pietà soccorso

Gli specchi del corpo             vividi in lucore
spersero amaro sale               per ogni livore

“Tre inverni è vissuta             la calma di Gerðr
Al vanir mio signore              il funesto Freyr

sull’ultimo fiume                    compì di Hel il passo[13]
della bionda gente                  cadde su di me li passo

Sul servo del vanir                 che pretese Gerðr
per il Dio del raccolto            lo splendido Freyr

Gloria gloria gloria                gloria ai biondi di Asgard
Gloria gloria Gloria               al mondo che non può esser Midgard”

Secco sangue scorse              dalle ossa del servo
scabro come un lupo              fiero come un cervo

L’ultima volta presero            la briglia del vento
tonanti sul mondo                  monco di un memento

E Mani si terse                       nel sangue del giorno[14]
come si levasse                      dal fondo del corno

Nessun suono mosse              dalla sala mesta
dai tetti spiccati                      come lance in resta

Le braci e i bivacchi              fra l’ombra e la bragia
accolsero le messe                 alla seggia grigia

Tre gradini in legno               levato il lucore
lugubre di neve                      la barba del signore

oltre il trono tesa                    una tela antica
virtuosa ritratto                      di vergine pudica

Le valchirie videro                 né Thane né scaldi
i corni senza oro                     gli scudi più saldi

Portarono i presenti                le prodi di Odino
podrome di onore                   di cervo e di vino

per le sale scure                     del cupo sovrano
di opaco stendardo                 presso il divano

fra gente che giace                 sulle assi del desco
fermo come roccia                 sui resti del desco

la fronte solcata                      accennò due volte
colpevole e cosciente             sotto le alte volte

Il padre si alzò
“Tre inverni è vissuta             il mio tesoro
fra gli Asi infelice                  scuri i crini d’oro

presso il domatore                  di falsa ricchezza
lo splendente ladro                 di bella giovinezza

gli dei distratti                        han dimenticato
ora prenderò                           ciò che mi è stato rubato.”

La gente che giace                 levò scabri volti
piaghe senza sudore               di onore[15] insepolti

gli artigli dei morti                 la vita esperirono
gli occhi del padre                 l’aria ferirono

Hrist e Mist le lance               sopra i neri drappi
e Mani si asperse                    su assi corni e nappi

Skǫgul con Skeggjǫld            colpirono i draugr
mozzando gli artigli               come disse Lóðungr[16]

Hildr e Þrúðr resero               il legno a cono
alla prima fra pari                  scudo divenne il dono

Gǫll e Geirahǫð raccolsero    le serpi di battaglia
contro i senza onore               senza pace né caglia

L’elsa maledetta                     brandiva il negromante
Gridò, si scagliò                     sul cigno del Viandante

Il soldo di Svǫlnir[17]               spezzò il corpo e il cuore
del capo di Heimdallr[18]                     ma non svanì il livore

I denti fendettero                   il dono dello scudo
fra rabbia e furore                  di amore perduto

Lo sguardo del padre             arse sopra il dolore
e il petto pristino                    conobbe il timore

L’istante morì            prima d’esser nato
La bocca spaccò         il riparo dorato[19]

Il cupo signore           come un corpo cadde
la torma di morti        come un corpo cadde

L’argento di Mani[20]   calava nelle sale
Spento nell’offerta     di oro pane e sale

Hel lo colse lì             all’ombra del ritratto
Dalle ossute dita         ai volti[21] venne tratto.

Nel regno di Mani      alla sala silente
svaniva il signore       della nera gente

Le valchirie colsero   cenere nera
Sullo scudo caldo       di calca guerriera

Le sparsero sopra       la sclera del riparo
Il colpo vittorioso      dell’intento chiaro

Le valenti volsero      al vento i destrieri
svanirono in volo       sul fratello di Aegir

E tutte le porte            stettero socchiuse
se il dubbio sovviene sulle soglie schiuse

se i nemici siedono    nelle sale silenti

__________________________________________________________________________________

[1] Il colore dei capelli è emblematico della levatura sociale di una persona: le persone bionde sono nobili

[2] Riferimento alla Darraðarljóð, la canzone della lancia delle valchirie della Njals Saga

[3] Nell’epica norrena, i tratti del serpente sono assimilabili ai grandi guerrieri, come il figlio di Ragnar: Sigurðr ormr í auga

[4] armatura

[5] Animale associato in principio alle valchirie per erronea attribuzione

[6] Odino

[7] Odino

[8] Freyr

[9] Parte calcata sul poema incompiuto Hrafnsmál, dove una valchiria e un corvo dialogano di cui sono anche citati Harald e Halfdan

[10] Kenning per Corvo

[11] Lui è Skìrnir, colui che convinse Gerðr a sposare Freyr

[12] Kenning per Idromele

[13] Si suicidò

[14] Kenning per vespro

[15] Indirettamente al Kenning “Sudore di battaglia” che è sangue

[16] Seguono alla lettera il terzo canto magico di Odino, nell’ultima sezione dell’Havamal “Questo conosco per terzo: / se ho grande urgenza / di incatenare i miei nemici, / io spunto le lame / dei miei avversari: /non mordono più armi né bastoni.”

[17] Kenning per scudo

[18] Kenning per spada

[19] Kenning per scudo

[20] Kenning per luce lunare

[21] Hel, dea della morte norrena, ha due volti